America first: verso chi e con quali effetti?

Dall’insediamento di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti uno dei principali quesiti su cui i gestori si stanno arrovellano è così riassumibile: all’interno del programma America First, Trump scatenerà un guerra commerciale con l’utilizzo dei dazi?

A quanto pare quello che si palesava come un annuncio elettorale sta diventando realtà, ed anzi, esso sembra assumere i connotati di una resa dei conti commerciale, in particolar modo nei confronti della Cina, la quale a sua volta, tramite Liu He (Vicepremier cinese) ha già annunciato che difenderà i propri interessi. L’America metterà barriere sui 60 miliardi di import cinese per difendersi dal veloce sviluppo tecnologico ed economico orientale, mentre per il momento l’Europa risulta esentata dai dazi, anche perché gli USA richiedono un acceso al mercato Europeo più agile, benché ciò non sia possibile essendo quest’ultima tenuta a un’equità di trattamento nell’ambito degli accordi sul libero scambio (regole WTO, Organizzazione mondiale del commercio).

Il deficit commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea è di oltre 150 miliardi e i punti di divergenza non sono pochi:

– il divieto da parte dell’unione europea dell’utilizzo degli Ogm nel mais (secondo gli Stati Uniti un inutile divieto in nome della salute pubblica),

– la tassazione su grandi player del web voluta dalla Comunità Europea,

– le divergenze profonde sull’accordo sul clima e sul nucleare iraniano.

A fronte di questo scenario, inizierà una guerra commerciale tra le due più importanti potenze mondiali nella quale verrà risucchiata inevitabilmente l’UE, o più semplicemente Trump sta cercando di avviare una grande trattativa a livello globale per rinegoziare le regole del mercato? Propendo per la seconda ipotesi: non credo che il protezionismo sia la soluzione, ma credo che si debba avviare una discussione sulle regole del gioco per evitare, o almeno ridurre, le prevaricazioni commerciali.

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