Perseverare nell’investimento in PIR

A cosa è dovuta questa situazione? In buona parte certamente all’incertezza politica e ad alcune scelte del nuovo esecutivo non in linea con l’Europa, le quali hanno acuito le tensioni verso l’Italia.

Tutto questo ha infatti portato ad un raffreddamento nell’entusiasmo verso i Pir, che al contrario nel 2017 avevano raggiunto livelli record nelle sottoscrizioni, essi hanno in particolare registrato nel primo trimestre del 2018 un saldo comunque positivo ma decisamente inferiore a quello ottenuto sul finire del precedente anno, mentre nel mese di giugno la raccolta di questi strumenti evidenzia un saldo pari a più del doppio rispetto alle stime di maggio.

Ma tutto questo è giustificato? Sicuramente il sentimento generale può influenzare l’atteggiamento dell’investitore, ma ritengo che il calo di entusiasmo verso i Pir sia ingiustificato e anzi, questo strumento rimane allo stato attuale estremamente interessante, in quanto utilizzabile per il raggiungimento di numerosi obbiettivi di vita.

Il profilo senz’altro più significativo di questi strumenti risiede nel fatto che essi investono prevalentemente nell’Italia migliore, ossia quella delle piccole-medie aziende non quotate che vogliono crescere per poi quotarsi, in poche parole le eccellenze italiane. Più precisamente almeno il 70% del piano deve essere rivolto a strumenti finanziari emessi da imprese con stabile organizzazione sul territorio italiano. In particolare, a mio avviso, il Pir è lo strumento ideale per costituire dei piani di accumulo per gli studi dei figli, grazie all’orizzonte temporale medio lungo, o per integrare ulteriormente la propria pensione.

In conclusione, ritengo che il Pir dovrebbe sempre essere presente nel portafoglio e anzi, dovrebbe essere integrato da un piano di accumulo che possa fare la differenza nel medio/lungo termine.

Buon Pir a tutti!

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