Questione sanità e possibili soluzioni al problema dell’attesa

I tempi di attesa nella sanità si allungano sempre di più, questo è un dato. Per tempo di attesa si intende il numero di giorni che intercorre tra la data di prenotazione della visita e la data di effettiva erogazione della prestazione sanitaria. Una recente ricerca del Polis ha ad esempio segnalato come il tempo medio di attesa per una visita ambulatoriale, in Lombardia, sia di 45 giorni.

Se si pensa poi alle visite specialistiche e alle prestazioni strumentali, i tempi aumentano ancora: l’attesa maggiore è per le ecografie, circa 59 giorni, segue la tomografia computerizzata con 39 giorni, la risonanza magnetica con 24 giorni e la radiografia con 15 giorni. Si arriva persino ad un’attesa di 124 giorni per una mammografia. Per rimediare a questa problematica una soluzione può essere quella di ricorrere al settore privato: in Italia esiste infatti un uno specifico Piano nazionale di governo delle liste d’attesa (PNGLA), emanato nel 2010 secondo cui ci sono dei tempi massimi di attesa per alcune prestazioni, e in base a questo piano, ci si può rivolgere al settore privato pagando il solo ticket previsto nel pubblico se entro 60 giorni non è stato fissato un appuntamento nel sistema sanitario nazionale.

Quella proposta è però una soluzione a posteriori, quando il problema dell’attesa è ormai maturato; per avere una corsia preferenziale è, a mio avviso, fondamentale affidarsi ad una copertura assicurativa che permetta in tutti i casi di intervento o visite specialistiche un passaggio prioritario. L’iscrizione ad un fondo o cassa sanitaria integrativa consentirebbe infatti di ottenere una serie di prestazioni mediche, ospedaliere ed assistenziali in base alla tipologia di iscrizione, comprese alcune non sempre fornite dal SSN, con maggiore facilità e ovviando al problema dell’attesa.

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