Quanto è attuale il rischio recessione?

Ormai da qualche mese si sente spesso parlare di recessione, ma è veramente un pericolo attuale?

Bisogna infatti considerare che alcuni recenti eventi hanno incrementato questa preoccupazione, ad esempio con riguardo alla situazione di paesi come la Turchia e l’Argentina, che al momento si trovano in un periodo di volatilità valutaria (pensiamo che nel mese di marzo le banche centrali dei due Paesi hanno avuto difficoltà a tenere sotto controllo l’inflazione).

Con una crescita economica incerta e timori su una potenziale recessione negli Stati Uniti, gli investitori potrebbero sentirsi un po’ più agitati del solito riguardo alla possibilità che questa situazione contagi anche il resto degli emergenti. Sembrano tuttavia essere crucci eccessivi, la Turchia e l’Argentina non rappresentano il sintomo di un problema più generale nei mercati emergenti, ma al contrario, i due Paesi stanno affrontando problemi abbastanza unici nelle sfere economiche e politiche. Al di là del sentiment, non vi è infatti ragione per cui gli investitori dovrebbero temere un effetto contagio, e difatti nessun altro mercato tra gli emergenti ha riscontrato problemi analoghi.

Ma, pur guardando al lato positivo, che ci indica come la crescita sia prevista stabile in tutto il mondo, il che rappresenta certamente un elemento positivo per i mercati, dall’altra parte non può ignorarsi come lo sviluppo del commercio mondiale sia andato incontro ad una battuta d’arresto: nel 2019 gli scambi mondiali di beni e servizi potrebbero frenare la loro crescita al 2,6%, contro il 4,7% messo a segno nel 2017, ovvero prima dello scoppio delle tensioni tra USA e Cina.

 Si tratta di un fenomeno che aumenta il rischio di spingere il mondo in recessione; nei giorni scorsi l’OCSE ha lanciato l’allarme dicendo che quest’anno è previsto un forte rallentamento dell’economia mondiale (3,2%) rispetto agli ultimi trent’anni a causa proprio delle tensioni commerciali. Anche la BCE suggerisce una deviazione della crescita globale di un punto percentuale dalla stima di base, cioè un Pil globale che scende dal 3,5% al 2,5% nel prossimo biennio.

Anche analizzando da vicino la situazione italiana, la riduzione del volume delle importazioni ed esportazioni in atto a livello globale rischia di diventare un problema per il Governo perché indebolisce il sostegno della domanda estera al Pil, e le previsioni dell’Istat circa un lieve aumento dello 0,3% dei consumi interni non è sufficiente a controbilanciare tale indebolimento.

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