Perché questo ritardo degli Stati riguardo alla questione “clima”?

Da mesi il tema principale che affanna l’opinione pubblica è la questione climatica, e in particolare il problema del riscaldamento globale, un problema che, ormai si è capito, richiede la cooperazione individuale di molte persone, imprese e Paesi in tutto il mondo. I costi sono globali e derivano dalle azioni collettive a livello mondiale.

Questo principio di cooperazione, seppur ovvio, risulta invero di recente acquisizione; le nazioni nel mondo hanno infatti rimandato a lungo le azioni per limitare un ulteriore aumento delle temperature, nonostante gli avvertimenti degli scienziati riguardo ai potenziali rischi futuri. Come si spiega questa inerzia?

È la regola del “dilemma del prigioniero”, un gioco ad informazione completa proposto negli anni 50 come problema di teoria dei giochi che prevede, quale corollario, che uno dei due giocatori (i prigionieri) tradisca sempre l’altro. Lo studio di base di questo paradosso si concentra sul perché le persone cooperano o competono l’una con l’altra; secondo il dilemma del prigioniero infatti, gli individui possono scegliere di non collaborare, anche se farlo porterebbe vantaggi.

Ebbene, applicando questo meccanismo al problema climatico, occorre considerare, quale dato di partenza, che le azioni richieste ai singoli sono evidentemente dirompenti e impegnative, tanto che gran parte della popolazione sceglierà di lasciare questo fardello agli altri, con il risultato che il problema globale non verrà affrontato. Questo è stato il ragionamento, o l’istinto, seguito sino ad oggi.

Negli ultimi tempi, tuttavia, il ritorno associato all’azione di ogni singolo attore ha iniziato a cambiare, i costi necessari per intraprendere azioni efficienti sono calati e i benefici sono invece diventati più chiari, il che ha spinto sempre più persone a tralasciare i propri interessi personali e a optare invece per la collaborazione.

Le recenti proteste “Extinction Rebellion” svoltesi in tutta Europa evidenziano come la scelta dei giovani sia quella di collaborare e di non mettere i propri interessi al primo posto.

Tornando ora alla teoria dei giochi di cui sopra, la soluzione al paradosso cambia quando si considerano le variabili del tempo e della ripetizione, e se costi e benefici cambiano, la collaborazione diventa la soluzione ottimale per dei soggetti razionali.  L’orgoglio e la determinazione dei giovani che scendono oggi in strada per chiedere agli Stati di agire potrebbe rappresentare l’inizio di un cambiamento per l’apparato politico globale.

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