Gli effetti degli ultimi avvenimenti geopolitici

L’attacco militare con cui gli Stati Uniti hanno ucciso a Bagdad il generale iraniano Soleimani ha prodotto inevitabili effetti anche sui mercati finanziari.

Le prime conseguenze dirette del conflitto Usa – Iran hanno riguardato il petrolio, il cui costo è arrivato alle stelle in poche ore e l’oro schizzato a livelli che non si vedevano da anni; il prezzo del greggio di riferimento europeo è salito in pochi minuti del 3,6% continuando a salire anche nelle ore successive superando quota 71,5 dollari, per un rialzo di oltre il 5%. Le stesse notizie del conflitto tra Usa e Iran probabilmente hanno spinto al rialzo anche il WTI americano, un tipo di petrolio utilizzato come riferimento nel prezzo del greggio a livello statunitense.

Fortunatamente, nel giro di pochi giorni, questi indicatori sono tornati ai livelli di inizio anno e nonostante i nuovi tagli alla produzione da parte dei Paesi OPEC, le scorte di petrolio rimangono consistenti.

Ma non solo, le nuove stime del Fondo Monetario Internazionale parlano di una fase “provvisoria di stabilizzazione a un passo di marcia lento” e di “modesta ripresa”, quantomeno rispetto a ottobre, quando gli esperti del Fondo parlavano di rallentamento sincronizzato. Fra gli elementi positivi, il Fondo rileva come il sentimento dei mercati abbia ricevuto sostegno da segnali che sembrano indicare la fine della fase discendente dell’attività manifatturiera e del commercio globale, ad esempio il passaggio generalizzato verso una politica monetaria accomodante.

Sotto questo punto di vista sono proprio i dati recenti dalla Cina, altra protagonista dello scenario politico internazionale degli ultimi mesi, ad essere particolarmente interessanti nell’indicare una stabilizzazione a livello sia di esportazioni che di importazioni.

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