Il capitale umano: un asset a volte troppo trascurato

Nella pianificazione della tutela del patrimonio, a volte, ci si scorda di considerare la protezione di un asset che, seppur non tangibile, risulta essere quello più importante di tutti: il capitale umano.

Tutta questa attenzione nei confronti di quella parte di ricchezza che è già stata creata distrae da un’altra fonte patrimoniale, che di ricchezza, ne deve ancora creare. Il cosiddetto capitale umano.

In senso ampio, è definibile come l’insieme delle capacità, delle competenze, delle abilità possedute da un individuo e affinate nel corso del tempo. In senso più ristretto, è la somma dei redditi che dovranno essere ancora generati in futuro. In parole povere, il capitale umano è il nostro apporto di lavoro che si trasforma in denaro.

Da qui, si evince l’importanza di esso e di quello che si metterebbe a rischio se, in un’incidente di percorso nel nostro futuro, non dovessimo essere rigorosamente tutelati su questo fronte.

Non c’è ad oggi un metodo provato per calcolare il capitale umano di ogni singola persona, ci sono però, delle variabili che ne possono influenzare il suo valore.

Ad esempio, l’età è la variabile più immediata che può influenzarne il valore.
Il capitale umano, infatti, non è altro che la ricchezza che un individuo può produrre: per una persona giovane sono maggiori gli anni che la separano della pensione, quindi maggiore sarà il reddito che ci si attende di generare.

La professione e l’istruzione sono altre due variabili che, a parità di età anagrafica, possono far variare il valore di una persona con un’altra.

Per ultimo, ma non per importanza, c’è il gender gap, ovvero la differenza di remunerazione tra persone di diverso sesso, che pur ricoprendo le stesse mansioni lavorative, hanno una differente remunerazione e, di conseguenza, un diverso valore a livello di capitale umano.

Ma di quali cifre stiamo parlando concretamente?

Da uno studio ISTAT, eseguito nel 2015, è emerso che un individuo medio ha un valore di 342.000 euro. Si passa dai 556.000 euro medi per chi è in fascia di età più giovane fino ai 46.000 euro per chi è più vicino alla data del pensionamento. Oppure, si va dai 636.000 euro che rappresentano il capitale umano medio di un laureato, ai 261.000 euro di chi ha un titolo inferiore al diploma.

In generale, però, bisogna tenere conto che il capitale umano di ciascuna persona presenta una estrema volatilità rispetto ai dati medi sopra riportati.

Non potrebbe essere altrimenti: questi dati vanno considerati sempre come un benchmark generico di riferimento. La realtà è che ogni individuo è unico da questo punto di vista, con un capitale umano che andrebbe quantificato nello specifico, attraverso parametri strettamente
personalizzati.

Il punto su cui è opportuno focalizzarsi è che i progetti di ciascuno di noi dipendono dal proprio reddito, e pertanto, è indispensabile fare in modo che questo ci sia, sempre.

Detto in altre parole, il capitale umano è una forma di ricchezza invisibile, che non si può far finta di non vedere: una volta che lo si è quantificato, che ci si è accorti che “esiste”, bisogna metterlo in sicurezza nella maniera più assoluta.

Che si tratti di una polizza vita o infortuni o malattia, quello che conta è individuare e tutelarsi dalle fonti di pericolo che possono pregiudicare la capacità di generare reddito da parte di una persona.

Una volta messo in sicurezza il capitale umano, il processo di protezione non può dirsi concluso: la nostra situazione professionale, familiare, economica e le nostre aspettative per il futuro sono in continua metamorfosi e la protezione deve evolvere di conseguenza.

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