La domanda non è banale: l’Italia si trova in un equilibrio precario, perché il nostro sistema pensionistico è fondato sui contributi dei lavoratori. E con la mancanza di nascite e l’aumento della speranza di vita…i giovani di oggi potrebbero non avere il giusto sostentamento nel futuro.
Si stima che i giovani ventenni andranno in pensione dopo i 70 anni con un importo che sarà pari al 30% della media delle retribuzioni.
L’importo mensile lordo su cui in media può contare il pensionato italiano è di poco più di mille euro e in totale l’INPS eroga quasi 21 milioni di prestazioni.
C’è, però, una parte dei beneficiari che gode contemporaneamente di due o più prestazioni, in generale riconducibili a due grandi tipologie: previdenza e assistenza. La distinzione tra le due categorie di spesa è così suddivisa: la previdenza riguarda le pensioni pagate a fronte di contributi versati dal lavoratore (pensione di vecchiaia), mentre il concetto di assistenza è riconducibile al sostegno offerto dallo Stato a chi ne ha bisogno (pensione di invalidità).
A questo punto, di fronte a questi numeri, ci si potrebbe domandare: quanto spende lo Stato per tutte queste prestazioni? E soprattutto, c’è equilibrio tra quanto esce e quanto entra?
Da una prima analisi sommaria del rendiconto finanziario per l’anno 2021 emerge che il totale delle entrate ammonta a 486 miliardi di euro, a fronte di uscite per 484 miliardi di euro, per un saldo finanziario di competenza positivo e pari a circa 2 miliardi.
Eppure, andando più in profondità le entrate contributive nell’anno 2021 ammontano a 236,9 miliardi contro uscite dovute a prestazioni previdenziali di 274 miliardi, per un saldo pensionistico negativo di circa 37 miliardi di euro.
A generare i 484 miliardi di esborsi complessivi troviamo le prestazioni assistenziali, i costi di funzionamento e varie partite di giro. Per questo, è stato necessario un intervento diretto dello Stato che ha versato nelle casse dell’INPS 145 miliardi di euro per il solo 2021.
Ciò che traspare da questi dati è una situazione di equilibrio precario: senza l’intervento dello Stato, la macchina INPS si fermerebbe. La domanda che sorge spontanea è: per quanto tempo lo Stato sarà in grado di tamponare le gravi mancanze finanziarie del sistema previdenziale pubblico, in netto peggioramento nei prossimi decenni?
Alla base di tutto ciò, il problema principale che affligge e amplifica il disequilibrio pensionistico italiano è la mancanza di nascite. Infatti, il sistema pensionistico italiano è fondato su un sistema a ripartizione dove i lavoratori attuali con i loro contributi pagano le retribuzioni ai pensionati.
Quindi, ritengo assolutamente fondamentale che soprattutto i giovani investano parte delle proprie risorse nella previdenza complementare al fine di poter integrare la pensione statale. Inoltre, per le stesse ragioni, sarebbe opportuno valutare l’apertura di un fondo pensione ai nostri figli già nei primi anni della loro vita.