Si avvicina o no lo spettro della recessione?

Manca ormai poco all’inizio del 2020, e già da ora si profilano tre grossi interrogativi per gli investitori: 1) come andranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti? 2) c’è da preoccuparsi per il rallentamento economico? 3) il debito globale in rapporto al Pil è ai massimi dalla Seconda guerra mondiale, cosa accadrà in caso di rialzo dei tassi?

Effettivamente, il FMI ha già iniziato a dare qualche indicazione circa il rischio recessione mondiale nel 2020; l’incertezza sui mercati, il rischio Brexit, la politica protezionistica americana che prima ha provocato la guerra commerciale con la Cina e adesso ha messo in crisi il commercio con l’Europa, così come la crisi dell’industria automobilistica tedesca, rallentano le performance dei mercati e, con questi, la crescita. Inoltre, mentre la crisi del 2008 era scoppiata negli Usa per poi estendersi in Europa, adesso il cuore della crisi sarà proprio qui da noi, e non saranno i paesi più poveri a subire maggiori sofferenze, bensì quelli più industrializzati. Per questa ragione la recessione potrebbe provocare una crisi strutturale più profonda di quella che ha colpito i paesi dell’eurozona dieci anni fa.

L’Italia in particolare è stato uno dei paesi che ha registrato nell’ultimo anno la peggiore performance economica, a causa di una crescita prossima allo zero, il paese cresce a un tasso dello 0,3% all’anno. A peggiorare la situazione dell’economia italiana insistono proprio i dazi imposti da Donald Trump il mese scorso, che penalizzano le eccellenze made in Italy. Peraltro, sul punto è bene ricordare che l’Europa intera dipende dalle esportazioni più di ogni altra regione, e che le sue esportazioni sono di prodotti ciclici. Anche nel caso in cui tenesse la domanda interna, l’Europa sarebbe quindi costretta a rispondere colpo su colpo ai tagli dei tassi americani.

E così, se un giorno arriverà la recessione, il peso di combatterla ricadrà ancora una volta sulle banche centrali; gli stabilizzatori fiscali automatici, l’ultima volta, hanno infatti funzionato in Europa solo per un anno.

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